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«Писец Бартлби» на итальянском языке

Bartleby, lo scrivano

4.673 голоса
✒ Автор
📖 Страниц47
⏰ Время чтения 2 часа 30 минут
💡 Опубликовано1853
🌏 Язык оригинала Английский
📌 Типы Повесть , Роман
📌 Жанры Проза, Психологическое, Реализм
📌 Секции Психологический роман , Реалистический роман

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Bartleby, lo scrivano: читать книгу на итальянском

(UNA STORIA DI WALL STREET)

Sono un uomo piuttosto avanti negli anni. La natura della mia professione mi ha portato, nel corso degli ultimi tre decenni, in contatto, e non soltanto nel solito contatto, con una categoria di uomini interessante all'apparenza e in qualche modo singolare, sui quali, per quanto ne so, finora non è mai stato scritto nulla: mi riferisco ai copisti legali ovvero agli scrivani. Nella mia vita professionale e privata ne ho conosciuti moltissimi e, se volessi, potrei raccontare varie storie che farebbero sorridere i benevoli e piangere i sentimentali. Ma per qualche brano sulla vita di Bartleby, il più strano che abbia mai visto o conosciuto, rinuncio alle biografie di tutti gli altri. Mentre di molti scrivani potrei narrare l'intera vita, non si può fare nulla del genere per Bartleby. Non esiste materiale - ne sono convinto - per comporre una biografia completa e soddisfacente di quest'uomo. È una perdita irreparabile per la letteratura. Bartleby fu uno di quegli individui sui quali non si riesce ad accertare nulla, senza risalire alle fonti originali, nel suo caso molto esigue. Quello che videro i miei occhi attoniti: ecco ciò che so di Bartleby, tranne, invero, una vaga notizia che apparirà in seguito.
Prima di introdurre lo scrivano, quale mi apparve la prima volta, è opportuno che accenni a me, ai miei employés , al mio lavoro, al mio ufficio e all'ambiente in generale, perché si tratta di ragguagli indispensabili per capire in modo adeguato il protagonista che fra poco sarà presentato. Anzitutto, sono un uomo che, dalla giovinezza in poi, ha maturato una profonda convinzione: nella vita la via più facile è la migliore. Ne consegue che, pur svolgendo una professione proverbialmente esuberante e a volte concitata al limite della turbolenza, non ho mai lasciato che cose del genere sconfinassero nella mia pace. Sono uno di quegli avvocati privi di ambizioni, che mai si rivolgono alla giuria e in nessun modo inseguono l'applauso del pubblico, ma che, nella tranquilla frescura di un angolino appartato e discreto, si dedicano a un lavoro discreto fra i titoli, le obbligazioni, le ipoteche di uomini abbienti. Quanti mi conoscono mi considerano una persona eminentemente cauta e fidata. Il compianto John Jacob Astor, personaggio poco incline ai voli poetici, non esitava a dichiarare che la mia prima virtù era la prudenza; la seconda, il metodo. Non lo dico per vanità, ma soltanto per attestare il fatto di aver prestato i miei servigi al compianto John Jacob Astor, nome che adoro ripetere, lo ammetto: possiede infatti un suono rotondo e sferico, tintinnante come l'oro. Aggiungerò di mia iniziativa di non essere stato insensibile alla buona opinione che di me aveva il compianto John Jacob Astor. Qualche tempo prima dell'epoca in cui ebbe inizio questa breve storia, il mio lavoro era molto aumentato. Mi era stato conferito il buon vecchio incarico di giudice dell'Alta Corte di Equità, ufficio ormai abolito nello stato di New York. Non era una carica molto gravosa, ma assai piacevolmente remunerata. Di rado perdo la calma, ancora più di rado mi abbandono a una pericolosa indignazione davanti ai torti e agli oltraggi, ma - mi sia concesso a questo punto di essere avventato - dichiaro che, a mio avviso, l'abrogazione subitanea e violenta dell'ufficio di giudice dell'Alta Corte di Equità, da parte della nuova legge, fu... un atto prematuro, tanto più che avevo contato su quei benefici per il resto dei miei giorni, mentre ne godetti soltanto per alcuni brevi anni. Ma questo è detto tra parentesi. Il mio ufficio era al primo piano di Wall Street, n. - Da un lato le finestre si affacciavano sul muro bianco di un ampio cavedio, che prendeva luce da un lucernario e attraversava la casa da cima a fondo. Questa veduta forse poteva sembrare più scialba che suggestiva, carente com'era di quanto i pittori paesaggisti definiscono «vita». Ma, se così era, la vista sull'altro lato dell'ufficio, offriva, almeno, un contrasto. Su quel versante le finestre dominavano in pieno la vista di un alto muro di mattoni, annerito dagli anni e incupito dalla perenne ombra. Non occorreva che un cannocchiale ne rivelasse le bellezze nascoste, perché, a beneficio degli osservatori miopi, queste risaltavano a meno di dieci piedi dai vetri delle mie finestre. La circostanza che gli edifici intorno fossero molto alti e che il mio ufficio fosse al primo piano faceva sì che lo spazio fra questo muro e il mio assomigliasse a un'enorme cisterna quadrata.
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