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«The Idiot» in Italian

Book The Idiot in Italian

L’idiota

4.1520 votes
✒ Author
📖 Pages958
⏰ Reading time 41 hours
💡 Originally published1869
🌏 Original language Russian
📌 Type Novels
📌 Genres Drama, Love, Prose, Psychological, Realism, Social, Philosophical
📌 Sections Love story , Psychological novel , Realistic novel , Social novel , Philosophical novel

Table of contents

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PARTE PRIMA1
I1
II18
III35
IV58
V71
VI96
VII99
VIII123
IX147
X165
XI178
XII191
XIII208
XIV225
XV238
XVI253
PARTE SECONDA272
I272
II290
III316
IV338
V346
VI363
VII387
VIII404
IX428
X445
XI467
XII490
PARTE TERZA502
I502
II528
III548
IV572
V598
VI619
VII639
VIII662
IX686
X712
PARTE QUARTA723
I723
II741
III757
IV778
V801
VI828
VII847
VIII873
IX904
X917
XI932
XII956

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L’idiota: read the book

PARTE PRIMA

I

In uno dei vagoni di terza classe fin dall'alba s'erano trovati l'uno di fronte all'altro, accanto allo stesso finestrino, due passeggeri, ambedue giovani, ambedue con poco bagaglio, vestiti senza ricercatezza, con delle fisionomie abbastanza degne di nota, ambedue desiderosi di attaccar discorso. Se ambedue avessero saputo l'uno dell'altro che cosa in quel momento li rendeva particolarmente degni di nota, certamente si sarebbero meravigliati che il caso li avesse messi così stranamente l'uno di fronte all'altro in un vagone di terza classe del treno Pietroburgo-Varsavia. Uno di essi era di bassa statura, di circa ventisette anni, coi capelli ricciuti e quasi neri, occhi grigi piccoli ma pieni di fuoco. Aveva il naso largo e schiacciato, il viso dagli zigomi forti. Le labbra sottili si atteggiavano continuamente in un sorriso sfrontato, ironico e persino cattivo, ma la sua fronte era alta e ben formata, e abbelliva la parte inferiore del viso, piuttosto rozza. Colpiva particolarmente in quel viso il suo pallore mortale, che dava a tutta la fisionomia del giovane un aspetto emaciato nonostante la complessione abbastanza robusta e insieme qualcosa di appassionato fino alla sofferenza, che non armonizzava col sorriso sfrontato e volgare e con lo sguardo tagliente e presuntuoso. Era vestito con abiti pesanti, avvolto in un largo tulup imbottito, di astrakan nero, e durante la notte s'era raggelato, mentre il suo vicino era stato costretto a sopportare sulla schiena tremante tutta la dolcezza di un'umida notte di novembre russa, alla quale, evidentemente, non era preparato. Indossava un mantello abbastanza ampio e spesso senza maniche, con un enorme cappuccio, esattamente come quelli che sovente adoperavano i viaggiatori, in inverno, in qualche luogo lontano all'estero, in Svizzera o per esempio nell'Italia Settentrionale, non considerando naturalmente di dover percorrere tragitti come quello da Ejdkunen a Pietroburgo. Ma quel che andava bene ed era pienamente soddisfacente in Italia risultava nient'affatto adatto in Russia. Il proprietario del mantello col cappuccio era un giovane anch'egli sui ventisei o ventisette anni, di statura un po' più alta della media, i capelli biondissimi, folti, le guance infossate e una leggera barbetta a punta quasi completamente bianca. Aveva gli occhi grandi, azzurri, che guardavano fissamente; c'era in quello sguardo un che di sommesso ma penoso, pieno di quella strana espressione da cui alcuni indovinano alla prima occhiata in un individuo l'epilessia. Il viso del giovane era per il resto gradevole, fine e asciutto, ma senza colore, in quel momento persino bluastro per il freddo. Nelle mani gli ballonzolava un magro fagottino, fatto con un vecchio e scolorito fazzoletto, che racchiudeva, probabilmente, tutto il suo bagaglio; ai piedi portava scarpe dalla suola spessa, con le ghette, il tutto non alla russa. Il vicino dai capelli neri e dal tulup imbottito aveva osservato tutto ciò, anche perché non aveva nulla da fare, e chiese infine con il risolino indelicato con cui talvolta si esprime, senza cerimonie né cortesia, la soddisfazione per le disgrazie del prossimo:
«Avete freddo?»
E agitò le spalle.
«Molto» rispose il vicino con straordinaria prontezza, «e notate che questo è soltanto il disgelo. Che succederebbe se ci fosse il gelo? Non avevo proprio immaginato che da noi facesse tanto freddo. Mi sono disabituato.»
«Venite dall'estero?»
«Sì, dalla Svizzera.»
«Però! Già, voi...»
Il giovane bruno fece un fischio e si mise a ridacchiare. La conversazione si avviò. La prontezza del giovane biondo col mantello svizzero nel rispondere a tutte le domande del suo bruno vicino era sorprendente e non lasciava indovinare alcun sospetto che taluna di quelle domande fosse assolutamente scortese, inopportuna e oziosa. Rispondendo, egli dichiarò fra l'altro che era effettivamente molto tempo che mancava dalla Russia, un po' più di quattro anni, che era stato mandato all'estero a causa di una malattia, una qualche strana malattia di nervi tipo mal caduco o ballo di San Vito, con tremiti e convulsioni. Ascoltandolo, il giovane bruno sogghignò alcune volte; si mise particolarmente a ridere quando alla domanda: «Ebbene, siete guarito?», il giovane rispose che no, non l'avevano guarito.
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